Feste e tradizioni

Post 5 febbraio 2022

Dove nell'antica Genova l'acqua non arrivava, la facevano arrivare donne chiamate "camalle d' ægua", donne molto robuste quasi tutte originarie di Montoggio che portavano l'acqua nelle case prive di bronzini a mezzo di secchie di rame o legno, a volte portate sulla testa. Eppure l'acquedotto di Genova, con le sue sontuose arcate dava vita a percorsi sontuosi e complessi paragonabili solo a quelli dell'antico acquedotto di Lisbona. Percorsi ancora visitabili ed interessanti come quello del Veilino o quello del ponte Sifone del Geirato. Scriveva nel maggio 1470 lo storico Anselmo Adorno: "La città è circondata da una duplice cinta di mura nuove e vecchie. Una fonte scorre artificialmente come un ruscello sopra dei muri per tutta la città e ciascuna piazza e quartiere ha una costruzione a mò di fonte che raccoglie quell'acqua e la distribuisce per mezzo di canne e tubi." I nemici di Genova ben sapevano di questa organizzazione capillare della città ed avevano compreso che per farla cadere occorreva separare il nucleo storico entro le mura dalla Valbisagno, dove si sviluppava l'opera idraulica. Scriveva Giovanni Maria Cattaneo nel 1514 "... Il solo modo di prendere la città per il nemico è quella di impedire alla città assediata l'uso del vicino Bisagno perché non si potrebbero attingere dai pozzi acqua a sufficienza a calmare la sete anelante di tutta la città." Fu un genovese, lo scienziato Giovan Battista Baliani a realizzare il primo barometro ad acqua per la misurazione della pressione atmosferica. In un carteggio dell'anno 1630 Baliani si confrontò sull'argomento con Galileo Galilei. Gli studi del genovese saranno poi ripresi da Evangelista Torricelli. Sotto i rovi l'antico acquedotto ci rende periodicamente i resti di arcate di un'opera ingegneristica geniale che tramite l'inclinazione dal 1055 al 1300 faceva confluire l'acqua dal Veilino fino all'attuale Piazza Caricamento.



Post 1 febbraio 2022

A differenza del muro in pietra e cemento, lavorare a secco impone maggiori limiti, quindi alcune difficoltà in più. Innanzitutto non possiamo usare il lato che più ci piace della pietra, ma tutte vanno posizionate 'per il lungo'. Secondo: non abbiamo nessuna malta che ci permetta di stabilizzare le pietre, quindi bisogna lavorarle tutte, togliendo le bugne a suon di punta e mazzetta, oppure ponendo degli spessori con delle ciappette. Terzo: le pietre della massicciata non vanno gettate ma posizionate una ad una, tenendo conto che devono essere messe per il lungo e TUTTE inclinate verso monte, chiudendo ogni spiraglio possibile alla terra, NEMICA NUMERO UNO. Qua siamo in zona Staglieno, raramente abbiamo incontrato un posto con terra così argillosa, tanto che qualcuno ha pensato di prenderne qualche cuffa in vista della costruzione di un forno in terra cruda!

Nella foto conservata presso l' Archivio Storico Regione Liguria possiamo ammirare, oltre ai due adulti, due bambine che mangiano acini d'uva davanti ad un negozio addobbato; sullo sfondo e di lato, invece, appare anche il manifersto con il "Fanciullo con canestro di frutta" del Caravaggio!



Post 4 ottobre 2020

Nella foto la Sagra dell'Uva di Alassio nel 1955. Negli anni Cinquanta si organizzavano delle sagre durante le quali venivano premiati i negozi e le vetrine meglio addobbati con i grappoli.
(foto originale presso Archivio Storico Regione Liguria)

Durante il mese di settembre, ma anche nella prima settimana di ottobre, in tutta Italia sono diverse le #sagre dedicate all' #uva e alla #vendemmia. Si tratta di verie e proprie feste, con sfilate in costume e, talvolta, anche con sfide tra i rioni, come accade a Vezzano Ligure.

Siccome quest'anno, a causa dell'emergenza sanitaria dovuta al #covid19, molte manifestazioni di questo genere sono state annullate, Cultura in Liguria vuole ricordare questa #tradizione con la foto raffigurante la Sagra dell'Uva di Alassio del 1955.

Questa sagra era stata promossa dall'allora Ministero dell'agricoltura e delle Foreste per il tramite dell'Ispettorato Provinciale dell'Agricoltura di Savona nell'ambito della campagna propagandistica dell'uva, al fine di "determinare nel consumatore un maggior uso preferenziale di tale prodotto".

Il programma della sagra comprendeva un #concorso a premi per i migliori articoli e studi pubblicati e un "concorso tra pubblici esercizi e negozi di frutta per la miglior presentazione dell'uva", indetto, per l'anno 1955, a #Savona, #Alassio, #Albenga, #AlbisolaMarina, #FinaleLigure, #Loano e #PietraLigure tra i gestori di negozi ortofrutticoli, ristoranti, bar e buffet di stazione e per le bancarelle di piazza.

Nella foto conservata presso l' Archivio Storico Regione Liguria possiamo ammirare, oltre ai due adulti, due bambine che mangiano acini d'uva davanti ad un negozio addobbato; sullo sfondo e di lato, invece, appare anche il manifersto con il "Fanciullo con canestro di frutta" del Caravaggio!



Post 22 giugno 2019

"Ma se ghe pensu" interpretata dal gruppo "A Lanterna". Grazie a Roberto Tazzieri per questo invio .

Clicca sull'immagine per accedere al video



Post 30 Maggio 2019

Da Sori, una bella immagine di tradizione

 

Questo è il fantastico mulino ad acqua di Mario a Fulle, piccola frazione di Sori! Alcuni anni fa abbiamo deciso di adottare il mulino e di macinare qui il grano per le nostre trenette avantaggê💛



Post 5 agosto 2018

Preparazione dei lumini per la notte della Stella Maris a Camogli. Posa in mare dei lumini galleggianti ore 21,45



Post 18 luglio 2018

A Lorsica, oggi come una volta, si produce il prezioso tessuto Damasco con metodi artigianali, in una tradizione che si tramanda da generazione in generazione con risultati assolutamente straordinari. Segnaliamo questa iniziativa del Museo del Damasco di Lorsica con la musica del Maestro Armando Corsi.



Post 26 Giugno 2018

Lo sapevate? Certe tradizioni si perdono nella notte dei tempi. Le ricordiamo assieme!



Post 13 giugno 2018

Riprendiamo una simpatica tradizione legata alla festa di #SanPietro da LiguriaOggi.it per i nostri amici Liguri sparsi per il mondo, a cui chiediamo se la conoscono. Leggete e fateci sapere!



Post 18 novembre 2017

Ci sono diverse tecniche per suonare le campane: a cordette (è la tecnica più antica con catenella usando mani e piedi), a tastiera (tecnica più recente per i concerti di campane) e i “pestelli” (il campanaro batte su robusti tasti). I campanari liguri pare siano rimasti gli unici ad usare i pestelli. L'arte del campanaro in Liguria e' preservata dalla Associazione Campanari Liguri.



Post 16 novembre 2017

Decoratori di facciate al lavoro a Bogliasco. Nella tradizione ligure la decorazione delle facciate ha lo scopo di trasformare la bidimensionalità delle pareti intonacate in un insieme di elementi architettonici, spesso accompagnati da ornati e figure, a tre dimensioni, dipinti cioè in maniera da sembrare veri.



Post 15 novembre 2017

In Liguria, soprattutto intorno a Genova e nel Levante, vi è l'usanza di decorare le facciate della case con grande ricchezza di particolari. Arte alquanto antica, sembra. Per una volta (ma non è l'unica...) i genovesi, così celebri per la loro parsimonia, si dilettano in decorazioni apparentemente futili e superflue. Si trovano particolari curiosi, come fiori e gatti che dalle finestre si sporgono. Talvolta l'illusione è così forte, che davvero inganna l'occhio e si fatica a distinguere l'apparenza dalla realtà.

Molti esempi di questi decori sono visibili a Camogli ma anche nell'entroterra, per esempio a Campomorone dove Giovanni Noli elaborò i disegni di molte facciate poi restaurate nel tempo da ottimi artigiani decoratori.



Post 27 agosto 2017

La Cirulla, in genovese ciapachinze ( acchiappa 15 ) è una versione tutta ligure della scopa. quanti di voi ci hanno giocato, ci giocano e l'hanno esportata fuori dalla liguria?
quando capita di bussare facendo meno di 9 è un piacere, ma se capitano tre carte uguali.....



Post 26 agosto 2017

Il candelotto di zolfo è l'antico rimedio ligure per il torcicollo provocato dai colpi d'aria. L'emigrazione genovese in Sud America del XIX secolo e XX secolo, ne ha diffuso l'uso anche in Argentina (ma secondo alcune fonti il percorso sarebbe stato inverso e in Liguria sarebbero arrivati dai naviganti genovesi che avrebbero appreso del rimedio dai marinai sud-americani).
Pur non avendo alcun riscontro scientifico ufficiale, questa pratica gode tutt'oggi di una certo seguito.
Si sfrega il cannello sulla parte del corpo dolorante (prevalentemente il collo); dopo pochi attimi lo zolfo emette un leggero crepitio, per spezzarsi tipicamente dopo un paio di minuti di applicazione. Funziona? Ai liguri piace credere di si.



Post 16 agosto 2017

Il "Cristezante" ossia portatore di Cristo in genovese, ricopre un ruolo di grande onore e responsabilità nell'ambito delle tradizionali processioni religiose. Il passaggio da un portatore all'altro è il momento più delicato di tutta la processione.
I “cristezanti” hanno una speciale imbracatura che è allacciata alle spalle e che distribuisce il peso su tutto il corpo . Gli “strameoei” sono le persone che passano il gigantesco crocefisso da un portatore all'altro sostenendolo con un perfetto equilibrio esclusivamente con la forza di un braccio. Il numero dei portatori necessari a compiere l'intero percorso della Processione dipende dalla grandezza ma soprattutto dal peso del Crocefisso, indicativamente si va da un minimo di quattro fino ad un massimo di una quindicina di persone.
Il “Cristo” più pesante appartiene alla Confraternita S.S. Annunziata di Ruta e pesa 183 kg.



Post 21 luglio 2017

Dagli anni cinquanta in poi molti emigranti tornarono in Italia portando con sé un po’ di America. Alcuni tornarono dal Cile a Chiavari dove costruirono stupende ville, altri dall’Argentina, dall’Uruguay e dal Brasile. I lavoratori della pampa portarono con sé la ricetta dell’asado argentino (“asado” in lingua castigliana significa “arrostito”) . Questo piatto di carne alla brace, per quanto sia un’importazione recente, oggi è considerato una tipicità ligure ed è protagonista di quasi tutte le sagre dell’entroterra del Tigullio.
Durante la cottura sulla griglia la carne viene insaporita con un preparato a base di olio, aceto, aglio, pepe ed erbe aromatiche: il chimichurri, la cui ricetta cambia un po’ da cuoco a cuoco e per alcuni è un piccolo segreto. Il nome di questa salsa forse deriva dal personaggio inglese che la portò con se in Patagonia . "Give me the curry"...Chimicurri , please!



Post 13 febbraio 2017

Com’era il Carnevale genovese? Può sembrare incredibile ma era più chiassoso, più sfarzoso e più dissoluto di quello di Venezia. Se ne ha prime notizie in documenti del XIII secolo, in cui venivano accordate dilazioni ai debitori perché potessero partecipare alla festa con animo sereno.

Per le strade giravano persone mascherate, avvolte nei “domini”, ampi mantelli col cappuccio, o loschi figuri velati per i quali, invano, nel 1442, le autorità emanarono grida contro “l’usanza dei mimi” che perpetravano omicidi e stupri. Le danze tenevano banco al suono dei pifferi che intonavano la “Rionda”, un girotondo in cui i ballerini alzavano le gambe ritmicamente, muovendosi intorno ai numerosi falò accesi nelle vie della città, o accompagnavano la ”Moresca”, ballo che vedeva i partecipanti, vestiti in foggia spagnola od orientale, affrontarsi in sapienti inchini alternati a momenti dedicati a giochi d’arme: qualcosa di simile si può ancora vedere a Bagnasco, in val Tanaro, in occasione del Bal do Sabre.

Alla fine del 500, per volere dell’Accademia degli Addormentati e dei Magnifici della Repubblica, si introdusse l’uso dei “Carrossèzzi” (l’ultimo data 1872), sontuosi cortei che si svolgevano sulla spianata del Bisagno e dal 1783 da Piazza Fontane Marose lungo la Via Nuova e Nuovissima (Via Garibaldi e via Cairoli), via Balbi fino giungere in Piazza Acquaverde: le dame lanciavano fiori, i cavalieri piccole uova piene di fragranze profumate a differenza dei monelli, cecchini improvvisati, che prendevano di mira le carrozze con uova marce.

Dal ’700 il Carnevale si trasferisce, dalle piazze, ai palazzi dei nobili mentre il popolo si riunisce nei “festoni” o nelle “lanternette” così chiamate dai lumi appese alle pareti. In particolare, nell’800, il luogo di riunione alla moda era il “Festone dei Giustiniani”: per entrare, un abbonamento costava 8 lire, la singola serata 80 centesimi. Tra il 1924 e il 1970 compaiono gli indimenticabili “carrettini”, inverosimili veicoli che davano vita al Gran Premio Indianapolis, alla fine delle “feriae matricularum” degli universitari genovesi.